18 novembre 2018 | L’azienda artigiana della famiglia Bertoldini attiva dal 1730

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Da calle dei Fabbri al Lido trecento anni di successi. “Venezia ci porta fortuna”. Questo l’articolo a firma Eugenio Pendolini uscito sabato 17 novembre 2018 nella Cronaca di Venezia sul quotidiano “La Nuova” di  Venezia e Mestre.

Nel nostro sito abbiamo avuto modo di parlare di Premana (Lecco) luogo di origine dei Bertoldini ma non solo. Infatti il nostro Duro Enrico Ratti è stato da me intervistato in occasione della pubblicazione di una ricerca fatta proprio sulle famiglie scese a Venezia da Premana. L’indirizzo dove trovi l’intervista e la storia di Enrico e delle sue discendenze.

la storia dell’Azienda Bertoldini raccontata da Eugenio Pendolini. 

Un fatturato triplicato nel giro di pochi anni, commesse nei principali cantieri navali in Europa e nel mondo dopo anni di lavori edili nei luoghi simbolo di Venezia. E nessuna intenzione di abbandonare il Lido. Anche se ai Bertoldini converrebbe, economicamente, spostarsi altrove. «È così. Ma noi stiamo bene qui, nonostante tutto. Forse è una follia, ma il nostro lavoro di artigiani è legato alle persone e alla qualità della vita. Qui, siamo a casa. E poi, se viene abbandonata da tutti, prima o poi il Lido è destinato a scomparire». È Piero Bertoldini, oggi, a gestire l’azienda di famiglia all’interno del nuovo capannone inaugurato appena due anni fa, in via di Malamocco. Lo fa ancora insieme all’occhio vigile del padre, Ettore. Le radici della loro bottega fabbrile affondano nel passato.

La famiglia Bertoldini muove i primi passi nel diciassettesimo secolo. Originari di Premana (in provincia di Lecco), gli antenati si spostarono dalle Prealpi Orobiche in laguna dopo il dominio della Serenissima. Si creano i primi insediamenti di artigiani, come attesta un certificato notarile del 1730 ancora conservato in originale. Finché, col passare degli anni, chi lavora il ferro viene spostato proprio in calle dei Fabbri. A inizio XX secolo, lo sbarco al Lido. È il primo febbraio del 1927.

«Mio padre, Piero, decise di aprire una succursale al Lido», rivela Ettore Bertoldini. Gli affari cominciano a girare e, dopo un trasloco in via Dandolo nel ’54 all’interno di una bottega di ottanta metri quadri, l’azienda trasloca definitivamente nell’area Pip delle Terre Perse. «Era il giorno della befana del 1968», ricorda con precisione Ettore. Il marchio Bertoldini è già un nome affermato in città. Cancelli, scale, inferriate, parapetti, ringhiere, serramenti, porte, paratie per l’acqua alta, ma anche grandi progetti al fianco di famosi architetti e progettisti. Sono decine, centinaia, i cantieri realizzati tra Venezia e Lido. Solo per citarne alcuni: le strutture in acciaio verniciato su progetto degli architetti Franco Mancuso e Chul Kim che sorreggono il padiglione coreano ai giardini della Biennale; le passerelle e i lucernai in acciaio sui tetti delle Gallerie dell’Accademia progettate da Mario Piana; il lucernaio di copertura della corte interna della fondazione Querini Stampalia su disegno di Mario Botta; il ponte di Quintavalle; la Serra dei Giardini; i tiranti all’interno del Museo di Storia Naturale.

Ettore Bertoldini è anche il primo a mettere mano alla Fenice dopo l’incendio del ’96. Sue sono balaustre, cancelli, parapetti e scale. Nel 2008, però, il mercato edilizio inizia a scricchiolare. Alla preoccupazione, segue una nuova sfida: la cantieristica navale e la carpenteria metallica di arredo. I Bertoldini si buttano, racconta il figlio di Ettore. E gli affari li premiano. «Il fatturato è triplicato da 2 a 6 milioni di euro, eravamo una decina di dipendenti e adesso siamo più di quaranta». Per le navi da crociera, realizzano: scale interne, balaustre, tutto ciò che è copertura d’acciaio o ferro. I loro clienti sono i principali attori del mercato italiano e estero: Zago di Scorzè, Spencer Contract di Genova, Marin Interiors di Fincantieri, Ivm di Padova. Certo, coordinare tutte le attività dal Lido non è semplice, anzi.

I trasporti sono il problema principale. E infatti, per Piero si tratta di una “penalizzazione”. «I clienti sono a Monfalcone, a Marghera, in Francia, in Germania, in Norvegia. Ormai il nostro mercato è fuori dal Lido. Eppure», aggiunge, «rimaniamo qui. Quando vado in giro per il mondo e dico dove ho la sede, mi guardano come un marziano. Ma noi non ci vedremmo bene da nessun’altra parte».

Eugenio Pendolini

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