Oltre 110 anni di Storia

Questa è una storia vera, tanto vera da sembrare quasi finta; raccontata da un finto scrittore che cercherà di sembrare vero. Dicono che nell’animo di ogni uomo, alberghi un infantile residuo desiderio di felicità; l’intimo segreto, il delicato ricordo di un qualche cosa che si cerca disperatamente di far rivivere nel tempo.

Infatti…

Venezia, la sera del 12 dicembre 1903: fa freddo, per le strade non c’è anima viva, un’oscurità diffusa rende cupa ogni cosa… i rari lampioni funzionano ancora ad olio. Per tutti, probabilmente, è una sera qualunque: gli uomini vestono con strani “ tabarri ” ed enormi capelloni, incorniciando il viso con lunghi baffi dalle svariate foggie; le donne hanno sottane lunghissime, i capelli pure lunghissimi raccolti da semplici e variopinti nastri, e tutti sembrano usciti da una pionieristica fotografia ottocentesca, quando le pose duravano qualche ora e quando il fumo biancastro ed improvviso del flash costituiva pur sempre motivo d’apprensione.

Ma per cinque di questi amici di “Nonna Speranza” non è una serata come le altre: fondano, forse senza neppure saperlo, una società che a distanza di oltre 110 anni è ancora viva, funzionante, efficiente, ora come allora in tutti i suoi programmi e molteplici intendimenti.

Inoltre, cosa ancora più importante la sigla che essi creano (come nel costume dell’epoca) per detta società, è diventata a Venezia dopo tutti questi anni, uno dei più noti e ricorrenti motti popolari:

Duri i Banchi.

Duri i Banchi che cosa significa?
Sullo stemma del primo statuto si può leggere: “Quis Separabit“. La durezza dei banchi sarà il naufragio dell’invidia.

I più vecchi tra i soci attuali, fantasticano di un non meglio individuato Bottacin, bastian contrario, per natura intrinseca più che invidioso nel vero senso della parola.

E i banchi? E’ diventato ormai luogo comune indicare in essi una certa saldezza morale, un’impegno umano che non transige e non viene mai meno.

Nel già citato disegno assomigliano tanto ai murazzi che costituiscono le difese a mare dell’isola del Lido e dell’intera città di Venezia; e se comunque, nella parola banco, possiamo individuare l’ormai disusato significato di argine marino o fluviale, ecco spiegata la durezza e quindi la compattezza dell’ideale comune.

Cominciano dunque in cinque, dopo pochi mesi sono cinquanta: dieci figliocci (come dicono in gergo i Duri) per ciascun fondatore.

E POI...

Poi basta.

Per introdurre nuovi adepti in seno alla società bisogna attendere che qualcuno dei vecchi muoia…

Comunque pare che in poco tempo la società si faccia una certa buona fama: essere in rapporti con il clan dei duri costituisce un onore ed un titolo di pregio. Diversamente non si capirebbe lo spirito dell’ennesimo articolo il 58° “la società dei duri i banchi potrà emettere dei certificati di buon servizio nonché brevetti autorizzando i fornitori della società stessa, le imprese viveri ecc…. ecc… ad onorare i loro negozi od uffici esponendo nei medesimi l’insegna dei duri i banchi”.
E dell’eco del successo e anche della stima che aleggia fin dal suo primo apparire intorno alla società, è buon testimone il fatto che, seppur molte domande di iscrizione vi fossero, e pressioni venissero fatte a più riprese per l’allargamento del numero dei soci, il numero medesimo non di meno rimase invariato a cinquanta unità…

Tratto da: “DURI I BANCHI” Storia di una Società a cura di Andrea Bosco